Inizio della copia/studio della “Dama con l’ermellino” ritratto di Cecilia Gallerani di Leonardo (Lionardo) da Vinci che realizzerò su tavola in multistrato di pioppo con misure come originale 54×40 cm. Anche qui come nella gioconda il primo grande ostacolo saranno le decorazioni dell’abito che sono così finemente realizzate da avere uno spessore di una punta di spillo… una tecnica che al momento io non credo di avere e forse mai raggiungerò e nelle copie realizzate da altri non sono neppure presenti e visibili solo ad attenti osservatori posizionati a meno di un metro dall’originale.
Oggi è tipico di molti pittori anche iperrealisti di lavorare su tele di grandi dimensioni con soggetti molto grandi (anche 2 o 3 volte la misura reale) così da realizzare, specie nei ritratti particolari come i pori della pelle. In realtà questo non esalta la tecnica ma la facilita perchè ti permette di lavorare con comodità visto che poi tali opere saranno visibili so da supporti più ridotti come foto su internet o stampe su pubblicazioni che saranno circa 1/10 del reale o che comunque sarai costretto a vedere nella sua interezza dal vero solo allontanandoti dal quadro. In realtà
la tecnica sarà tanto maggiore quanto minore sarà la dimensione del soggetto
ed in questo nessuno ha mai superato Jan van Eyck. Conservato nella galleria Sabauda di Torino e protetto da un sistema di allarme riservato solo a questa tavoletta dipinta di 29,3×39,4 cm e che suona se qualcuno si avvicina troppo per guardardarlo come è naturalmente successo anche a me, (se lo vuoi vedere suona perchè devi stare a meno di 50 cm a meno che tu non abbia una vista laser) che ne rimasi esterefatto e non riuscii a staccare gli occhi da quella tavoletta per 30 minuti come minimo. Nella mia ignoranza una volta tornato a casa (erano i tempi in cui gli smartphone non erano ancora stati inventati) mi informai di più sull’artista e l’opera e scoprii che quella che avevo visto era una copia successiva che egli stesso aveva realizzato da un suo precedente quadro ancora più piccolo 12,5×14,5 cm che si trova al Philadelphia Museum of Art.
La “Dama con l’ermellino” è uno dei dipinti simbolo dello straordinario livello artistico raggiunto da Leonardo durante il suo primo soggiorno milanese, tra il 1482 e il 1499. L’opera, della quale si ignorano le circostanze della commissione, viene di solito datata a poco dopo il 1488, quando Ludovico il Moro ricevette il prestigioso titolo onorifico di cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino dal re di Napoli.
L’identificazione con la giovane amante del Moro Cecilia Gallerani si basa sul sottile rimando che rappresenterebbe, ancora una volta, l’animale: l’ermellino infatti, oltre che simbolo di purezza e di incorruttibilità (annotava lo stesso Leonardo che “prima si lascia pigliare dai cacciatori che voler fuggire nell’infangata tana, per non maculare la sua gentilezza”, cioè il mantello bianco), si chiama in greco galḗ (γαλή), che alluderebbe al cognome della fanciulla.
La scritta apocrifa nell’angolo in alto a sinistra (“LA BELE FERONIERE LEONARD D’AWINCI“) ha anche fatto ipotizzare che l’opera raffiguri Madame Ferron, amante di Francesco I di Francia, ipotesi oggi superata.
Esiste poi un’interpretazione, poco seguita ma interessante per capire la molteplicità di suggestioni che ha generato il ritratto, secondo cui l’opera sarebbe una memoria della congiura contro Galeazzo Maria Sforza: la donna effigiata sarebbe sua figlia Caterina Sforza, con la collana di perle nere al collo della dama che alludono al lutto, e l’ermellino un richiamo allo stemma araldico di Giovanni Andrea Lampugnani, sicario e uccisore nel 1476 dello Sforza.